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- In libreria disponibile il saggio Grazie, Occidente! di Federico Rampini, un viaggio attraverso la storia degli ultimi secoli e la geopolitica contemporanea.
- Rampini evidenzia come l'Occidente abbia migliorato la qualità della vita globale, con un aumento dell'aspettativa di vita e una diminuzione della mortalità infantile.
- Tra i suoi detrattori, c'è chi critica la visione positiva di Rampini, accusato di ignorare i contributi provenienti dalle altre tradizioni.
Federico Rampini, noto giornalista e saggista, torna in libreria con il volume Grazie, Occidente! edito da Mondadori. L’opera si propone come un viaggio attraverso la storia degli ultimi secoli e la geopolitica contemporanea, in cui si esplora il ruolo cruciale che l’Occidente ha avuto nel plasmare il mondo moderno. Rampini, con il suo stile provocatorio e diretto, invita i lettori a riflettere su un tema spesso trascurato o addirittura evitato: il contributo positivo dell’Occidente al progresso globale.
Nel suo libro, Rampini sostiene che l’Occidente abbia esportato progresso in molteplici forme, dalla scienza medica all’agronomia, migliorando la qualità della vita in tutto il mondo. Secondo l’autore, come risultato dell’influenza occidentale, gli uomini vivono più a lungo, la mortalità infantile si è drasticamente ridotta e i livelli di istruzione si sono elevati su scala globale. Tuttavia, queste affermazioni non sono prive di controversie, poiché spesso si scontrano con una narrativa dominante che tende a sottolineare gli aspetti negativi della storia occidentale.
L’Occidente e i suoi meriti
Anzitutto Rampini affronta un tema che considera un “supremo tabù” della nostra epoca: il riconoscimento del bene che l’Occidente ha fatto a sé stesso e agli altri. Il giornalista critica il conformismo dominante che, a suo avviso, impone una visione distorta della storia, in cui l’Occidente è visto solo come un seminatore di distruzione e oppressione. Questa analisi si rivolge in modo particolare ai più giovani come un richiamo a riconoscere onestamente i fatti storici in vista di una maggiore consapevolezza sulla nostra identità e di una maggiore fiducia nel futuro.
Rampini sottolinea come la scienza occidentale, in particolare la medicina e l’agronomia, sia stata adottata e adattata da altre culture con risultati benefici. In tal senso sostiene che il modello industriale occidentale abbia sollevato dalla miseria intere nazioni e che le sfide per un’economia più sostenibile saranno vinte grazie alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica dell’Occidente.
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Critiche e controversie
Nonostante le argomentazioni di Rampini, il libro non è esente da critiche. Alcuni detrattori, come Stefano Pancera, hanno accusato l’autore di distorcere la realtà e di presentare una visione troppo rosea del ruolo occidentale. Molte delle conquiste attribuite all’Occidente – secondo questi critici – sarebbero in realtà il risultato di contributi provenienti da altre culture hanno avuto un ruolo significativo nello sviluppo della scienza e della tecnologia.
Un esempio di questa critica è l’affermazione che la Cina abbia imparato dall’Occidente a definirsi “repubblica”, concetto che non avrebbe radici nella filosofia cinese. Questo punto di vista è contestato da chi sostiene che la parola “repubblica” sia stata in realtà reinterpretata in un contesto culturale diverso, a dimostrazione del fatto che le idee possono essere adattate e trasformate.
Per orientarsi fra testo e contesto
Sta di fatto che Federico Rampini, con Grazie, Occidente!, non solo invita a una riflessione sul passato, ma anche a una considerazione critica del presente. Il suo lavoro si inserisce in un dibattito più ampio sul ruolo dell’Occidente nel mondo moderno, un tema che ha esplorato in precedenti opere come Suicidio occidentale (Mondadori, 2022) e La speranza africana (Mondadori, 2023).
Queste opere, insieme al suo ultimo libro, offrono una prospettiva spesso provocatoria sui rapporti tra Oriente e Occidente, sollevando domande importanti sul futuro delle relazioni internazionali. Qualle di Rampini in fondo è una provocazione a non accettare passivamente la narrazione dominante, ma a inoltrarsi nelle complessità della storia e della geopolitica con mente aperta.