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D’improvviso volò un grido, la poesia di Davide Grossman

Il grande scrittore israeliano ha deciso di rompere il silenzio a distanza di un anno e mezzo dagli eventi tragici del 7 ottobre 2023. E lo ha fatto con una lirica straziante.
  • David Grossman utilizza la poesia per esprimere emozioni indescrivibili dopo gli eventi del 7 ottobre 2023.
  • La poesia di Grossman è diventata un simbolo di resistenza e riflessione in Israele, trasformata anche in un rap.
  • L’attuale cessate il fuoco è visto da Grossman come un’opportunità per riprendere un processo di pace, difficile ma necessario.

D’improvviso volò un grido è la poesia con cui David Grossman, uno degli scrittori più influenti del nostro tempo, ha recentemente scelto di esprimere il suo dolore e la sua frustrazione attraverso una forma d’arte che raramente aveva utilizzato. Dopo mesi di silenzio, seguiti agli eventi drammatici del 7 ottobre 2023, Grossman ha pubblicato una poesia che è diventata rapidamente un simbolo di resistenza e riflessione in Israele. La scelta di utilizzare la poesia invece di un articolo o di un discorso tradizionale è significativa. In un contesto in cui le parole sembrano spesso insufficienti a descrivere la complessità e l’intensità delle emozioni, la poesia offre un mezzo per esprimere sentimenti che sfuggono alla logica e alla razionalità.

Lo stesso Grossman ha spiegato che la sua poesia è nata da un impulso quasi incontrollabile, come se la sua mano fosse guidata da una forza esterna. Questo testo, che è stato trasformato in un rap in Israele, sfida il lettore a scavare in profondità, a riflettere e a confrontarsi con la brutalità della realtà attuale. La poesia diventa così un grido, un urlo che cerca di rompere il silenzio e l’indifferenza, costringendo il pubblico a confrontarsi con la sofferenza e la disperazione che permeano la vita quotidiana in una regione segnata da conflitti interminabili.

D’improvviso volò un grido

Per un istante le luci tremarono, per un istante

i tunnel ulularono

e il mondo era nero e bianco.

E il mondo era carbone e ghiaccio.

D’improvviso, da chissà dove,

volò un grido,

rabbioso, con una sferzata

acuta, tagliente,

ci svegliò da un sonno agitato.

“Ditemi, siete forse impazziti?

Rinunciare a tutto questo?

Darsi per vinti così

senza lottare veramente?”.

“Lascia stare”, rispondemmo

“lasciaci raccogliere in noi stessi,

piangere i nostri morti,

aspettare che finisca tutto questo

che non può essere descritto a parole,

muti dinanzi al peso del dolore,

all’orrore dei nostri ostaggi.

Lasciaci essere, solo essere,

senza capire senza pensare,

finché la terra saccheggiata calpestata

la terra violentata

non farà più male.

Per un istante le luci tremarono, per un istante

i tunnel ulularono

e il mondo era nero e bianco.

E il mondo era carbone e ghiaccio.

Nel cuore della notte ci alzammo per fuggire,

mia moglie, io e il bambino.

Su una mia spalla era posato il grido,

sull’altra la speranza,

intubata e sedata.

“Quanto si può continuare così”, disse mia moglie sottovoce,

affinché il bambino non sentisse,

affinché non si impaurisse.

“Guarda,

è così che succede

è così quando succede davvero…”.

Vedemmo carovane lunghe, silenziose,

fluire dalle montagne alle valli,

inghiottite dalle navi, e poi dai mari.

“Com’è successo che in un giorno di orrore questa terra

si è fatta troppo esigente, al di là dei nostri mezzi?”

“No, no”, ci schernì un ragazzo su un monopattino,

sfrecciando con una pistola alla cintura.

“No, no. È successo che in un giorno di orrore

in voi si è spento, o forse avete perso,

oppure non l’avete mai avuto,

il desiderio di una terra vostra”.

“E non è che stiamo scappando”

dissi a mia moglie.

“Ci stiamo solo trasferendo, dentro la nostra anima…”

D’un tratto il bambino parlò:

“Forza, genitori, rialzatevi dalla cenere.

La paura e la disperazione vi danno una lezione.

Così parlò nostro figlio, che cresceva e si rafforzava

sotto ai nostri occhi.

“Se non ci rialziamo ora,

non lo faremo mai più.

Oppure ci rialzeremo diversi,

estranei e tremendi,

duri e amari e ostili”.

Per un istante le luci tremarono, per un istante

i tunnel ulularono

e il mondo era nero e bianco.

E il mondo era carbone e ghiaccio.

“Non c’è più tempo,

chi è stato abbandonato – abbandona.

Chi è stato lasciato a se stesso – lascia.

Parlami, padre mio,

infondimi coraggio,

sto invecchiando, padre, sono a terra,

la mia anima è stanca delle guerre. Stanca.

Dammi speranza, dammi un motivo.

Tu taci, padre, lo dico al posto tuo:

È il momento di lottare, uomini, donne.

È il momento di scendere nelle vie, nelle strade.

E c’è per chi lottare, e c’è per cosa,

Perché non riceveremo più un dono simile, dalla vita,

non germoglierà più uno stato per noi

dalle contese.

E c’è per chi lottare.

Ora tutto dipende da voi,

è il momento di rialzarsi, di vivere,

di essere un popolo o di non essere,

di essere uomini o di non essere.

E c’è per chi e c’è per cosa.

Tutto è appeso a un filo”.

(Traduzione di Alessandra Shomroni)

Il contesto storico e personale

Il contesto in cui Grossman ha scritto la sua poesia è fondamentale per comprenderne il significato. Gli eventi del 7 ottobre 2023 hanno segnato un punto di non ritorno per molti, inclusi coloro che, come Grossman, avevano dedicato la loro vita alla promozione della pace e del dialogo. Il dolore personale di Grossman, già profondamente segnato dalla perdita del figlio Uri nel 2006 durante la guerra tra Israele e Libano, si è intrecciato con il dolore collettivo di un popolo che si sente intrappolato in un ciclo di violenza e odio.

La poesia di Grossman non è solo un riflesso della situazione politica e sociale, ma anche un’espressione della sua lotta interiore. L’autore ha dichiarato di sentirsi sopraffatto dall’impotenza e dalla frustrazione, sentimenti che hanno portato a un temporaneo abbandono della scrittura. Tuttavia, attraverso la poesia, Grossman è riuscito a trovare una nuova voce, un mezzo per comunicare la complessità delle sue emozioni e la sua visione del futuro.

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Il significato di D’improvviso volò un grido

Nonostante il tono cupo e disperato della poesia, Grossman non rinuncia completamente alla speranza. Egli riconosce che il cessate il fuoco attuale potrebbe rappresentare un’opportunità per avviare un processo di pace, anche se le motivazioni dietro a questo sviluppo sono tutt’altro che altruistiche. La pressione internazionale, in particolare quella esercitata dagli Stati Uniti, potrebbe costringere il governo israeliano a considerare soluzioni che fino a poco tempo fa sembravano impensabili.

Grossman sottolinea che la disperazione non può prevalere. Anche se l’incertezza domina il presente, è essenziale continuare a lottare per un futuro migliore. La poesia diventa quindi un appello all’azione, un invito a non arrendersi di fronte alle avversità. La possibilità di un accordo tra Israele e Arabia Saudita, sebbene lontana, rappresenta un barlume di speranza. Un’intesa basata sulla paura comune delle minacce regionali potrebbe aprire la strada a una nuova era di cooperazione e stabilità.

Per orientarsi fra testo e contesto

La poesia di David Grossman si inserisce in un contesto più ampio di opere letterarie e artistiche che cercano di comprendere la complessità del conflitto israelo-palestinese. Grossman, noto per romanzi come Vedi alla voce: Amore (Mondadori, 1988) e A un cerbiatto somiglia il mio amore (Mondadori, 2008), ha sempre utilizzato la sua scrittura per promuovere il dialogo e la comprensione reciproca. La sua poesia continua questa tradizione, offrendo una nuova prospettiva su una situazione che sembra spesso senza speranza.

D’improvviso volò un grido è un’occasione per riflettere sulla natura della speranza e della disperazione in un mondo segnato da conflitti incessanti. Ci ricorda che, nonostante le difficoltà, è possibile trovare nuovi modi di affrontare le nostre paure e i nostri dolori. La poesia diventa così un mezzo per esplorare l’umanità che ci unisce, al di là delle divisioni e delle differenze. È uno stimolo a continuare a lottare per un futuro in cui la pace e la comprensione possano finalmente prevalere.


Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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