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Il brigantaggio visto dalle donne: la vera storia di Filomena Pennacchio

Un'opera che svela il ruolo dimenticato delle donne nel brigantaggio postunitario, restituendo loro voce e dignità.
  • Filomena Pennacchio: La vita di una delle figure più affascinanti del brigantaggio postunitario, dalla ribellione alla redenzione.
  • Condizione femminile: Le brigantesse affrontavano non solo la guerra, ma anche i pregiudizi di genere e di classe.
  • Presentazione del libro: Valentino Romano presenterà la sua opera il 27 luglio alle ore 18:00 a San Sossio Baronia, in provincia di Avellino.

Il nuovo libro di Valentino Romano, Filomena, la regina delle selve – Storia e storie delle donne del brigantaggio, edito da Carocci, rappresenta un’opera fondamentale per comprendere il ruolo delle donne nel fenomeno del brigantaggio postunitario. Questo saggio, frutto di un lungo lavoro di ricerca, utilizza la figura di Filomena Pennacchio come filo conduttore per esplorare la condizione femminile dell’epoca. Per la prima volta, grazie a Romano, le donne contadine che imbracciarono le armi contro il potere ritrovano voce e dignità.

Romano, originario di Brindisi e trapiantato a Roma, presenterà la sua ultima fatica letteraria sabato 27 luglio alle ore 18:00 presso l’oratorio di Via Coppola a San Sossio Baronia, comune irpino in provincia di Avellino di cui la protagonista è originaria. Il libro inizia dalla fine, con la morte della protagonista, lasciando spazio a “colpi di scena” in una narrazione che si distingue per la sua accuratezza storica.

La condizione femminile nel brigantaggio

Il libro di Romano non si limita a raccontare le gesta eroiche o criminali delle brigantesse, ma si addentra nel lato umano del fenomeno. Le donne del brigantaggio, come Filomena Pennacchio, sono state spesso ritratte come “anomalie sociali”, giovani, esuberanti e sessualmente promiscue. Tuttavia, Romano cerca di ristabilire la verità storica, analizzando la loro vita nel dettaglio: dall’imbarazzo di patire il ciclo mestruale in un gruppo di uomini nei boschi, agli interrogatori e alle pene lievi destinate a loro perché considerate intellettualmente inferiori, fino alla maternità in latitanza e nelle carceri.

Romano sottolinea come queste donne abbiano patito una duplice condanna dalla storia ufficiale: di genere e di classe. Il loro riscatto, sempre considerate “anomalie sociali”, va riconosciuto per la loro autonomia di genere e parità di trattamento. «È giunto il momento di smetterla di rappresentarle come eroine o criminali assolute – afferma Romano – quasi nessuno ha pensato di ricondurre queste donne alla loro dimensione umana, vissuta in un periodo normale per affermare il principio dell’autodeterminazione».

La figura di Filomena Pennacchio

Filomena Pennacchio, nata a San Sossio Baronia nel 1841, è una delle figure più affascinanti del brigantaggio postunitario. Affiliata alla banda di Schiavone, divenne la sua amante e percorse le terre della Baronia avellinese seminando terrore tra popolazioni e soldati. Condannata a quindici anni di galera, sopravvisse alle carceri piemontesi e, redenta, divenne una rispettabile signora, dedicandosi ad attività di beneficenza fino alla sua morte nel febbraio 1915.

Romano racconta come Filomena, dopo aver vissuto una vita di ribellione e violenza, riuscì a riscattarsi e a condurre una vita borghese tranquilla. «Nel carcere – scrive Romano –Filomena imparò a leggere e scrivere, grazie alle suore vincenziane. Comprendiamo dalla firma al documento di matrimonio che sostituisce il segno di croce». La sua storia, come quella di molte altre brigantesse, è stata spesso romanzata e distorta, ma Romano cerca di riportarla alla sua dimensione umana e storica.

Il contesto storico e sociale

Il brigantaggio postunitario è stato un fenomeno complesso, radicato nelle condizioni sociali ed economiche del Sud Italia. Le donne, come Filomena Pennacchio, hanno avuto un ruolo fondamentale in questa ribellione, spesso ignorato o sottovalutato dalla storiografia ufficiale. Romano sottolinea come queste donne abbiano agito per la propria esistenza, senza una coscienza di genere o di classe, ma con una determinazione e un coraggio che meritano di essere riconosciuti.

Le brigantesse furono costrette a confrontarsi non solo con gli avversari canonici, ma anche con i pregiudizi borghesi e le mistificazioni cronachistiche. La loro lotta fu una lotta contro tutti i poteri, innanzitutto quello maschile. «Non definirei queste donne delle antesignane delle femministe – afferma Romano -, non c’era una coscienza di genere, ma una coscienza di classe. Le donne agirono ognuna per la propria esistenza, non si posero il problema delle altre».

Per orientarsi fra testo e contesto

Nel libro di Valentino Romano, la figura di Filomena Pennacchio è il filo conduttore di una narrazione che si distingue per la sua accuratezza storica e per la capacità di riportare alla luce la dimensione umana delle brigantesse.

Per i lettori occasionali, un consiglio di lettura correlato al tema principale dell’articolo potrebbe essere Donne e brigantaggio: storie di ribellione e resistenza di Maria Scerrato, che offre una panoramica completa e accessibile del fenomeno. Per i lettori più esperti, invece, potrebbe essere interessante approfondire il tema con Il brigantaggio postunitario: una storia sociale e culturale di Aurelio Scarpetta, che analizza il fenomeno da un punto di vista antropologico e sociologico.

Il libro di Valentino Romano ci invita a riflettere sulla complessità della storia e sull’importanza di dare voce a chi è stato a lungo ignorato. Le storie delle brigantesse ci ricordano che la lotta per la libertà e la giustizia sociale è una lotta che coinvolge tutti, uomini e donne, e che il riconoscimento della dignità e dell’autodeterminazione è un diritto fondamentale di ogni essere umano.


Articolo scritto al 99% dall’AI, con una correzione opzionale da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il contenuto dall’articolo.(scopri di più)
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