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- Fabio Volo esplora il suo passato nel libro Balleremo la musica che suonano, abbandonando la finzione per raccontare la sua vita personale.
- La scoperta della letteratura diventa per il protagonista una via di fuga, con autori come Hermann Hesse e Gabriel García Márquez che aprono nuove prospettive.
- Nonostante le sue buone intenzioni, il libro soffre di una eccessiva semplicità stilistica che ne appiattisce la narrazione.
Fabio Volo, con il suo ultimo libro Balleremo la musica che suonano (Mondadori, 2024), si avventura in un territorio nuovo, abbandonando la finzione narrativa per raccontare la sua storia personale. Il racconto si snoda attraverso episodi che alternano momenti di commozione a scene di leggerezza, in uno spaccato autentico della sua vita.
Il personaggio principale del racconto, che coincide con Volo stesso, avverte fin dalla giovinezza un senso di alienazione dal mondo che lo circonda. Proveniente da un ambiente umile, il giovane ha familiarità con le difficoltà economiche sin dalla primissima infanzia: quando si usciva a mangiare una pizza, ad esempio, si optava non tanto per il piatto preferito, quanto per il più economico. Questo aspetto, che potrebbe sembrare insignificante, diventa rappresentativo di un’esistenza fatta di sacrifici e ambizioni mortificate. La sfiducia nelle proprie abilità e la persistente percezione di inadeguatezza nutrono in lui un profondo senso di inferiorità. Il suo avvenire sembra già segnato, privo di ambiziosi progetti o talenti su cui fare affidamento.
La lettura come via di scampo
Un punto cardine nell’esistenza del protagonista giunge nel momento in cui si avvicina ai libri. Estraneo all’ambiente scolastico, che spesso rende la lettura un’incombenza invece di un piacere, Volo trova un accesso completamente nuovo alla letteratura. I libri di autori come Hermann Hesse, Gabriel García Márquez, Jack London e Joseph Conrad lo incantano, spalancandogli un varco verso un universo ricco di opportunità. Per la prima volta, il giovane si accorge che c’è un’alternativa alla vita che conosceva. Questi testi gli insegnano a vedere al di là degli ostacoli quotidiani e a immaginare uno spazio tutto per sé, al di fuori di una realtà che ormai avverte come estranea. Immergersi nei romanzi diventa la sua via di scampo, una finestra su un’altra dimensione dove la sua esistenza non è solo una successione di obblighi e sacrifici. Individuare il proprio cammino è raramente facile e, nella trama del protagonista, porta anche a un dissidio interno. La relazione con la famiglia, in particolare con il padre, diventa un cardine della narrazione. Il padre è rappresentato come un «grande eroe triste», una figura che ha abdicato a molte cose per la famiglia, senza però trovare mai la propria gioia. Un elemento che crea una tensione emotiva nel giovane Fabio, il quale prova un senso di colpa al solo pensiero di raggiungere la felicità, consapevole che il padre non l’ha mai provata. L’antagonismo tra il desiderio di libertà personale e il sentimento di responsabilità verso gli affetti diventa un tema ricorrente, affrontato con grande sensibilità.
- 🌟 Un viaggio personale che emoziona......
- 🤔 Un'occasione mancata per una narrazione più profonda......
- 🔍 Scoprire se stessi attraverso la letteratura classica......
Per orientarsi fra testo e contesto
Balleremo la musica che suonano rappresenta un viaggio di riscoperta personale, un invito a non rinunciare mai a essere felici. Fabio Volo, noto per la sua abilità nel narrare storie che trovano ampio seguito tra i lettori, si avventura in un’autobiografia che non è priva di autenticità. Tuttavia, nonostante la forza di questo messaggio, il libro soffre di una certa povertà lessicale e di carenze sintattiche che ne appiattiscono la narrazione. La semplicità stilistica, sebbene possa essere vista come un tratto distintivo dell’autore, in questo caso si traduce in una mancanza di profondità che potrebbe deludere i lettori più esigenti. La scrittura di Volo, pur essendo accessibile e a tratti persino coinvolgente, manca di quella complessità che potrebbe rendere il racconto più incisivo. La scelta di uno stile semplice e diretto, se da un lato permette di raggiungere un ampio pubblico, dall’altro sacrifica la ricchezza espressiva e la varietà linguistica.