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L'innovazione fatta bellezza

«L’innovazione fatta bellezza»: ritratto di un imprenditore visionario

Rubbettino pubblica la storia di Giuseppe Montanaro, raccontata dallo stesso protagonista che ha attraversato oltre mezzo secolo distinguendosi in vari settori economici.
  • Esce L’innovazione fatta bellezza. Storia di Kikau e di un imprenditore visionario del Sud di Giuseppe Montanaro e Carmelo Greco (Rubbettino, 2024).
  • È la storia di Giuseppe «Peppino» Montanaro che ha attraversato mezzo secolo distinguendosi in vari settori economici che vanno dall’industria all’agricoltura.
  • Emerge l’“ossessione” del protagonista per la ricerca della bellezza che l’ha portato a realizzare lo splendido vigneto-giardino Masseria Amastuola, in Puglia.

È appena uscito per Rubbettino L’innovazione fatta bellezza. Storia di Kikau e di un imprenditore visionario del Sud. L’imprenditore è Giuseppe «Peppino» Montanaro (foto sopra di Andrea Antohi) e il libro, scritto in collaborazione con Carmelo Greco, è il racconto di un protagonista che ha attraversato oltre mezzo secolo distinguendosi in vari settori che vanno dall’industria fino all’agricoltura. Kikau, il marchio da lui fondato, è diventato sinonimo di eccellenza nell’ambito degli infissi in alluminio, ma anche di qualità in altri comparti. Da quando all’età di otto anni Giuseppe Montanaro ha cominciato a lavorare, non ha mai spesso di cercare nuove soluzioni guidato dal suo ingegno e dalla sua instancabile “ossessione” per la ricerca della bellezza. Un’ossessione che l’ha portato a realizzare un vigneto-giardino come quello della Masseria Amastuola, in Puglia: un unicum in tutto il mondo, perché coniuga i principi estetici dell’architettura del paesaggio con quelli funzionali della produzione vitivinicola. Di seguito, pubblichiamo il primo capitolo del libro.

Masseria Santa Croce

Sono nato nel 1940 alla masseria Santa Croce, a pochi km da Massafra, in provincia di Taranto. Sono nato esattamente nella notte tra l’11 e il 12 novembre, nel pieno della seconda guerra mondiale, mentre era in corso un bombardamento sul golfo di Taranto. Nascere e vivere in masseria, allora, significava avere pochi rapporti con l’esterno, vista la distanza con i centri abitati. Tanto che da piccolo, se arrivavano da noi degli estranei, correvo subito a nascondermi. Ero abituato all’isolamento e spesso risultavo un bambino scontroso verso gli altri, persino un po’ “selvatico”. Certo, la vita ha cambiato profondamente questo tratto delle mie origini, ma ciò non toglie che conservo tuttora qualcosa di quel periodo nel mio essere schivo, poco propenso a esternare i sentimenti. In fondo, mi trovo più a mio agio con i fatti piuttosto che con le parole.

L’ho detto ad esempio nel 2005, durante la cerimonia di consegna del Premio “Nicola Resta” che la Camera di Commercio di Taranto assegna ogni anno agli imprenditori che si sono distinti per il loro impegno e per il contributo dato alla crescita del territorio provinciale. A differenza degli altri premiati che salirono sul palco prima di me, indulgendo nell’autocelebrazione, quando giunse il mio turno ritirai il premio dicendo soltanto: «Io non so parlare. So fare».

L’abnegazione di un padre

Alla masseria Santa Croce mio padre era uno dei mezzadri dell’azienda agricola di proprietà della famiglia Sansonetti. Con il suo modesto stipendio doveva provvedere alle necessità di noi tutti, in particolare dei cinque figli, quattro maschi e una femmina. Non eravamo ricchi, ma non ci è mai mancato nulla e mio padre, a suo modo, era una figura di riferimento all’interno della masseria. Da un lato infatti era un dipendente attento, affidabile e competente, preso ad esempio dai salariati dell’azienda. Dall’altro, era stimato per il suo carattere, poiché si imponeva senza essere prepotente e senza usare modi bruschi. Al contrario, non solo evitava di fomentare dissidi fra compagni di lavoro e sottoposti, ma si dimostrava sempre pronto a sedare una disputa, a comporre un dissapore. Per questo era tenuto in grande considerazione.

Il coraggio di una madre

Mia madre, per parte sua, era dotata di una sensibilità unica per quei tempi. Se molte sue coetanee tendevano a scaricare sulla prole numerosa le proprie frustrazioni, lei non ci ha mai colpevolizzati per la fatica che le procuravamo. Anzi, aveva una spiccata attenzione per ciascuno di noi che si traduceva ad esempio nell’accompagnarci a vedere la partita di pallone nel campetto di Massafra o nel farci fare un giro sulla barchetta di un pescatore di Taranto. Quest’ultima era forse l’avventura più entusiasmante per noi bambini che andavamo alla scoperta del “giardino delle cozze” dove si allevavano i famosi mitili. Non era per niente una cosa comune e, per certi versi, si può dire che fosse una scelta un po’ pericolosa. Ma mia madre la faceva ugualmente, con quella semplicità, naturalezza e gentilezza che l’hanno caratterizzata costantemente.

Cammina, ragazzo, cammina

Il mio “isolamento” alla masseria si interruppe quando arrivò il momento di iniziare a frequentare la scuola che si trovava a sud di Massafra. Per raggiungerla, dovevo percorrere un paio di chilometri a piedi lungo stradine secondarie e deserte nelle quali, soprattutto d’inverno, gli unici esseri viventi che incontravo erano gli ulivi secolari. Ma quello che oggi è normale, cioè frequentare la scuola e poi l’università così da scegliere in autonomia quale professione intraprendere, allora era un lusso che gran parte dei nuclei familiari non poteva permettersi. Avevo otto anni quando in famiglia si decise che ero ormai “maturo” per imparare un mestiere, come già era avvenuto per mio fratello maggiore. Fu così che entrai nel mondo del lavoro.

Per orientarsi fra testo e contesto

L’innovazione fatta bellezza è il diciassettesimo volume della collana “La bellezza dell’impresa” inaugurata dall’editore Rubbettino nel 2018. Una collana che accoglie le testimonianze di capitani d’azienda che hanno fatto la storia d’Italia. Tra le testimonianze raccolte finora c’è quella della birra Peroni, dell’acqua Sant’Anna o del biscottificio Lazzaroni, solo per citarne alcune. La struttura di ogni libro è quella del romanzo in cui a raccontare e a raccontarsi sono chiamati i protagonisti che, nel riportare le proprie vicende umane e imprenditoriali, contribuiscono a fare capire che cosa muova un paese come il nostro. Ingredienti come il sacrificio, il duro lavoro, la determinazione, la curiosità, l’amore per la propria terra. Ma anche tanti altri, spesso poco conosciuti e per i quali vale la pena leggere questi piccoli scrigni di economia reale.


Articolo scritto interamente da un essere umano “a mano”, cioè senza l’uso di AI.(scopri di più)
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