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La poesia “stravagante” di Pablo Neruda a 120 anni dalla nascita

Per ricordare il Premio Nobel cileno, di cui quest’anno ricorre un importante anniversario, abbiamo scelto la poesia «Restare in silenzio» che fa parte della raccolta «Estravagario» del 1958.
  • Pablo Neruda nacque 120 anni fa, il 12 luglio 2024.
  • La raccolta Estravagario, pubblicata nel 1958, è caratterizzata da semplicità e immediatezza nel linguaggio.
  • La poesia Restare in silenzio è un invito a riscoprire una dimensione umana più autentica, lontana dal rumore che caratterizza la vita quotidiana.

Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, nacque il 12 luglio del 1904 a Parral, in Cile, e morì il 23 settembre del 1973 a Santiago. È uno dei poeti più importanti del XX secolo, noto per le sue composizioni che spaziano dall’amore alla politica. Autore precoce, pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Crepusculario, nel 1923. Fu anche diplomatico e politico, e vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1971. A distanza di 120 anni dalla nascita, la validità della sua opera e del suo magistero rimangono immutate. Tra le tante sue liriche, alcune oggi assumono un particolare significato che gli deriva dalla situazione caotica in cui viviamo. Ad esempio, la poesia Restare in silenzio, che fa parte della raccolta Estravagario del 1958. Questa raccolta riflette un periodo di introspezione nella vita del poeta, caratterizzato da una maggiore semplicità e immediatezza nel linguaggio rispetto alle sue opere precedenti.

«Restare in silenzio», una lirica per i nostri giorni

Ora conteremo fino a dodici

e tutti resteremo fermi.

Una volta tanto sulla faccia della terra,

non parliamo in nessuna lingua;

fermiamoci un istante,

e non gesticoliamo tanto.

Che strano momento sarebbe

senza trambusto, senza motori;

tutti ci troveremmo assieme

in un’improvvisa stravaganza.

Nel mare freddo il pescatore

non attenterebbe alle balene

e l’uomo che raccoglie il sale

non guarderebbe le sue mani offese.

Coloro che preparano nuove guerre,

guerre coi gas, guerre col fuoco,

vittorie senza sopravvissuti,

indosserebbero vesti pulite

per camminare coi loro fratelli

nell’ombra, senza far nulla.

Ciò che desidero non va confuso

con una totale inattività.

È della vita che si tratta…

Se non fossimo così votati

a tenere la nostra vita in moto

e per una volta tanto non facessimo nulla,

forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza

di non riuscire mai a capirci

e di minacciarci con la morte.

Forse la terra ci può insegnare,

come quando tutto d’inverno sembra morto

e dopo si dimostra vivo.

Ora conterò fino a dodici

e voi starete zitti e io andrò via.

Un esperimento collettivo di silenzio e immobilità

Restare in silenzio propone un esperimento collettivo di silenzio e di immobilità, non come meri stati passivi, ma quali atti profondamente trasformativi. È un esperimento nel quale tutti dovrebbero fermarsi per riflettere, senza le distrazioni e i rumori della vita quotidiana. L’assenza di rumore e di movimento, secondo Neruda, garantirebbe una tregua dalle tensioni e dai conflitti che dominano le nostre vite. Una tregua che potrebbe portare a una comprensione reciproca, evidenziata dai versi «forse un immenso silenzio interromperebbe la tristezza di non riuscire mai a capirci».

Il poeta immagina un mondo in cui condotte deleterie, quali la pesca indiscriminata e la guerra, siano sospese, permettendo a ciascuno di riscoprire la propria umanità. Il silenzio perciò non coincide semplicemente con l’assenza di suono, ma rappresenta una pausa dalle attività frenetiche e distruttive che solitamente dominano le nostre giornate. In sostanza, è un momento di riflessione e di consapevolezza collettivi.

Sarebbe così “stravagante” fermarsi e stare zitti?

Quando Neruda esordisce dicendo «Ora conteremo fino a dodici e tutti resteremo fermi», sta evocando l’idea di un intervallo universale, un tempo breve ma significativo in cui tutti gli esseri umani si fermano simultaneamente. Il tema dell’immobilità, analogamente a quello del silenzio, è visto come un’opportunità per la riflessione. O, ancora, quando propone di non parlare «in nessuna lingua» e di «non gesticolare tanto», sta invitando a una forma di comunicazione più profonda e introspettiva che permetta di connettersi con gli altri a un livello più essenziale.

L’autore cileno immagina un mondo in cui «tutti ci troveremmo assieme in un’improvvisa stravaganza». In altri termini, il momento di immobilità condivisa creerebbe un senso di solidarietà e di unità capace di sfidare le convenzioni tradizionali. Da qui la parola «stravaganza» che non a caso è il leitmotiv della raccolta, visto che Estravagario significa proprio “stravagante”, a rimarcare la natura audace e innovativa delle poesie contenute nel libro.

Per orientarsi fra testo e contesto

Pablo Neruda è stato un poeta che ha saputo intrecciare la sua vita personale con gli eventi storici e politici del suo tempo. Le sue poesie riflettono non solo le sue esperienze personali, ma anche il contesto sociale e politico in cui visse. La sua capacità di evocare emozioni profonde e di affrontare temi universali come l’amore, la natura e la lotta politica lo rende un autore di grande rilevanza nel panorama letterario mondiale.

Per chi si avvicina per la prima volta alla sua poesia, consigliamo di iniziare con Venti poesie d’amore e una canzone disperata, una raccolta che offre una panoramica delle sue prime opere e che mette in luce la sua abilità nel descrivere l’amore e la natura con una sensibilità unica. Per i lettori più esperti, invece, suggeriamo di esplorare Canto General, un’opera monumentale che riflette l’impegno politico e sociale di Neruda e che rappresenta una delle sue opere più mature e complesse.


Articolo scritto interamente da un essere umano “a mano”, cioè senza l’uso di AI.(scopri di più)
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