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Uccidere un fascista Culicchia

È lecito uccidere un fascista? La versione di Giuseppe Culicchia

Gli anni di piombo visti attraverso la figura di Sergio Ramelli, la giovane vittima che 50 anni fa si trovò dalla parte sbagliata della barricata.
  • Il libro Uccidere un fascista di Giuseppe Culicchia esce il 4 marzo 2025, 50 anni dopo l’aggressione a Sergio Ramelli.
  • Sergio Ramelli fu aggredito il 13 marzo 1975 con una chiave inglese, un attacco che portò alla sua morte dopo 48 giorni di agonia.
  • Il volume è la conclusione di una trilogia dedicata agli anni di piombo di cui fanno parte Il tempo di vivere con te e La bambina che non doveva piangere.

Il 4 marzo 2025 esce per Mondadori il nuovo libro di Giuseppe Culicchia, Uccidere un fascista. Sergio Ramelli. Una vita spezzata dall’odio. Il volume è la conclusione di una trilogia dedicata agli anni di piombo (gli altri sono Il tempo di vivere con te e La bambina che non doveva piangere), un periodo complesso e violento della storia italiana. Culicchia, pur non essendo uno storico di professione, si è avventurato in questo terreno minato per raccontare le vicende di figure come Walter Alasia e Sergio Ramelli. Il libro, in particolare, si concentra su Sergio Ramelli, un giovane di 19 anni, militante del Fronte della Gioventù, che fu brutalmente aggredito da membri di Avanguardia Operaia a Milano nel 1975. La pubblicazione coincide con il 50º anniversario dell’aggressione a Ramelli, evento che ancora oggi è fonte di opposte interpretazioni a seconda del colore politico di appartenenza.

Chi era Sergio Ramelli, la vittima

Sergio Ramelli, nato nel 1956, era uno studente come tanti, appassionato di calcio e musica. Tuttavia, la sua vita cambiò drasticamente dopo aver scritto un tema in classe in cui criticava le Brigate Rosse. Questo tema, considerato provocatorio, fu esposto nella bacheca della scuola con l’etichetta “Questo è il tema di un fascista”, segnando l’inizio di una serie di persecuzioni. Il 13 marzo 1975, mentre tornava a casa, Ramelli fu aggredito con una chiave inglese, un attacco che lo portò a un’agonia di 48 giorni prima di morire il 29 aprile dello stesso anno. La sua morte è diventata un simbolo di divisione: per alcuni è un martire, per altri un fascista da dimenticare.

La ricostruzione di Giuseppe Culicchia

Giuseppe Culicchia, attraverso Uccidere un fascista, cerca di restituire umanità a figure spesso ridotte a bersagli ideologici. Utilizzando un approccio narrativo che dà voce ai luoghi stessi, come piazza Fontana e piazzale Loreto, Culicchia sottolinea come le pietre possano ricordare più degli uomini. Il libro si sofferma anche sull’uso della violenza politica, rappresentata dall’Hazet 36, una chiave inglese usata come arma. Culicchia non si limita a raccontare i fatti, ma cerca di comprendere le motivazioni e le conseguenze di un periodo storico in cui l’ideologia spesso ha oscurato l’umanità degli individui coinvolti.

Per orientarsi fra testo e contesto

Uccidere un fascista è un tentativo di comprendere un’epoca in cui la violenza politica era all’ordine del giorno. Culicchia, con la sua trilogia, invita i lettori a riflettere su come le ideologie possano disumanizzare le persone, trasformandole in oggetti senza volto. La storia di Ramelli, come quella di Walter Alasia, ci ricorda che dietro ogni etichetta c’è un essere umano con sogni, paure e speranze. In un’Italia ancora divisa, questo libro offre l’opportunità di guardare oltre le divisioni per cercare di comprendere le complessità del passato.

Il libro di Culicchia getta una luce sulla storia recente dell’Italia, un periodo in cui le passioni politiche troppo spesso sono sfociate in violenza gratuita. La vicenda di Sergio Ramelli ci ricorda che dietro ogni conflitto ci sono vite umane spezzate. Cogliere le sfumature di un’epoca complessa serve a interrogarsi su come possiamo evitare che la storia si ripeta. Come dice Culicchia, in quegli anni «Caino era fratello di Abele».


Articolo ibrido frutto dell’AI, ma revisionato da un essere umano.(scopri di più)
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